Abbasso l’esercito, viva Masetti!

[Augusto Masetti, muratore, nel 1911 doveva partire come soldato semplice per la Libia. Ma era un antimilitarista, un disertore e alla caserma Cialdini sparò al proprio colonnello al grido di “viva l’anarchia, abbasso l’esercito”]

Siamo dalla parte di chi si ribella per il pane e la libertà, sempre.

Non sappiamo se la ribellione in Libia è stata fomentata, aiutata o manovrata dall’occidente piuttosto che da poteri economici interni al paese.

Ogni singolo insorto del Mediterraneo ha le proprie motivazioni, ma rimaniamo convinti che la necessità di liberarsi dai regimi autoritari sia conseguenza pressoché naturale della coercizione e del terrore dei regimi: alla base della proteste popolari sta una ricerca di dignità e giustizia sociale.

Ci opponiamo sia alla violenza di un regime come quello di Gheddafi in Libia, e siamo solidali con i ribelli laddove una popolazione non ce la fa più a sostenere determinate condizioni di vita e insorge, sia alle ormai solite politiche militariste e neo-coloniali dei paesi occidentali.

I bombardamenti a cui stiamo assistendo, dipinti come accade ormai da anni come missioni umanitarie, o altre formule simili a seconda dell’annata, sono solo la conferma che lo stato è terrorista.

La cosiddetta coalizione dei volenterosi è costituita da stati sì volenterosi, ma di accaparrarsi le risorse di uno stato ad alta rilevanza geopolitica. Appena si delinea un vuoto di potere i paesi occidentali accorrono coi loro battaglioni di morte ad alta tecnologia e con la loro ipocrisia: dapprima si plaude alla ribellione anti-Gheddafi, poi si toglie il diritto all’autodeterminazione del popolo libico, tramite quella che (lo vedremo nei prossimi giorni) sarà l’imposizione di una “democrazia” alla occidentale (come in Afghanistan e in Iraq), controllata militarmente dalla NATO. Ebbene apriamo gli occhi poiché questa non sarebbe libertà, né democrazia, né ciò che vuole il popolo libico, così come qualsiasi popolo che veda il proprio despota finalmente deposto.

Non sono accettabili i bombardamenti a cui stiamo assistendo, con la scusa di liberare un paese dal cattivo di turno, che è cattivo da quarant’anni ma con il quale i paesi occidentali hanno fatto affari fino a ieri.

La miccia scatenante è stato il mancato rispetto di una risoluzione ONU, quando il governo di Israele baluardo della (finta) “democrazia” occidentale in Medioriente ne ha violate più di 70, e nessuno stato mai si è permesso di intervenire e opporsi alle continue violenze sulla popolazione palestinese, né a quelle che si perpetuano ad esempio in Cecenia, Tibet, Sudan e Sudafrica.

Per lo stato italiano i popoli sono liberi di insorgere e di chiedere libertà ma solo dall’altra parte del mediterraneo, infatti appena attraversato il mare il loro status cambia drasticamente; il ribelle da difendere a Lampedusa diventa subito il clandestino, che ruba il lavoro, che disturba, per cui non c’è posto se non nei lager come i Cie. Il comportamento del governo italiano di fronte alla richiesta d’aiuto di tantissime donne uomini e bambine/i dimostra l’ipocrisia del suo intervento in Libia. Ciò che non cambia attraversato il Mediterraneo è la violenza di genere: una donna libica ha avuto il coraggio di denunciare le violenze subite dalle forze dell’ordine del regime. È ovvio che non è stata l’unica a subire violenze, rivolta o meno. Nella democrazia italiana le violenze sessuali contro le donne sono all’ordine del giorno, in strada, a casa, e soprattutto nei CIE dove la possibilità di denunciarle è molto difficile e rimangono per lo più taciute. Le bombe italiane non impediranno i tantissimi stupri alle donne libiche oltre all’ordinaria sofferenza che porta una guerra, come il silenzio non aiuta la situazione delle donne che si trovano in Italia. La violenza di genere non verrà sconfitta da nessuna guerra. Dire no alla guerra è dire no a ogni violenza non necessaria; solidarizzare con una rivolta che mira a conquistare più libertà vuol dire mettersi al fianco di quelle donne che non hanno paura di urlare contro un oppressione che non è solo materiale ma anche di genere.

Il governo italiano è complice da sempre dei bombardamenti, delle morti, delle violenze che gli uomini e ancor di più le donne subiscono quando provano ad attraversare la Libia, ed è inoltre responsabile di rinchiudere le/i migranti in quei lager che sono Centri di Identificazione ed Espulsione.

La costruzione di nuovi CIE, carceri e campi è l’unico modo in cui lo stato italiano risolve la questione migrazione: criminalizza migliaia di individui, nel momento in cui non è più possibile contenere di là dal mare le loro istanze.

CONTRO GLI ESERCITI E LE FRONTIERE

DISERTIAMO LA GUERRA

SOSTENIAMO LE RIVOLTE

Scarica, stampa, diffondi il volantino con la lettera dell’anarchico libico Saoud Salem:
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