Ribelli, anarchici e donne resistenti nella lotta antifascista a Bologna e provincia

Anteo Zamboni, Attilio Diolaiti, Edera De Giovanni.

Ribelli, anarchici e donne resistenti nella lotta antifascista a Bologna e provincia.

Appunti per un breve commemorazione alla Certosa, 14 ottobre 2012

Gli organizzatori di questa pregevole iniziativa ci hanno chiesto di parlare di Anteo Zamboni, il cui nome è legato all’attentato del 31 ottobre 1926 a Bologna, che ha come obiettivo Mussolini.

La questione, come è noto a chi è più addentro alle questioni storiche e politiche, è intricata ed è stata oggetto di diversi studi che hanno fatto luce solo su alcuni aspetti della vicenda. In sostanza non appena Mussolini è fatto segno di un colpo di pistola, andato a vuoto, il quindicenne Anteo viene fermato e pugnalato barbaramente da alcuni militi fascisti che lo indicano come esecutore del gesto. Ma a sparare chi è stato? Anteo, figlio di anarchici, il cui padre Mammolo è noto da decenni alla polizia perché nella sua tipografia di via Fondazza si stampano opuscoli e manifesti sovversivi? Anteo, ragazzo ribelle, a cui il padre avrebbe voluto dare il nome Ateo, ma l’anagrafe glielo rifiuta, facendogli aggiungere una “enne”? Oppure dei fascisti dissidenti, magari proprio coloro che massacrano Anteo, dopo avere fallito il colpo grosso, cioè il Duce?

La verità storica oggi non c’è e, forse, mai ci sarà.

Quel che è certo è che l’attentato di Bologna fa scattare un ulteriore giro di vite nei confronti dell’opposizione sociale. Il regime, che già dopo l’omicidio Matteotti aveva promulgato le prime leggi eccezionali, dà il via a nuove norme liberticide. Vengono istituiti il Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato con competenza sui reati politici e il confino di polizia per gli antifascisti, è ripristinata la pena di morte per gli omicidi a sfondo politico, che sarà usata usata dal regime contro altri militanti libertari rei anche solo di avere progettato un attentato al Duce: Gino Lucetti, Angelo Sbardellotto, Michele Schirru; tutte le pubblicazioni a stampa devo passare il vaglio della censura e in tal modo cessano sostanzialmente di esistere le voci dissonanti; viene varata l’OVRA, la celebre polizia segreta che giocherà un ruolo tremendo negli anni a venire.

Fatto altrettanto certo è quello della terribile fine di Anteo: la folla inferocita grida di ammazzarlo e i fascisti prima lo immobilizzano e poi lo feriscono a morte colpendolo ripetutamente a pugnalate, accanendosi senza fine sul suo corpo, insultandolo, percuotendolo, strappandogli i vestiti. Di Anteo rimangono solo brandelli di carne.

Una fine barbara come barbara è la morte di tanti antifascisti. Tra gli anarchici ricordati al sacrario dei partigiani c’è Attilio Diolaiti, un organizzatore come pochi, nato a Baricella nel 1898 e attivo nel movimento dal 1915. Protagonista del biennio rosso, confinato a Lipari, nel 1943 è prima gappista e poi animatore della guerriglia a Monterenzio. Viene arrestato nel marzo 1944, seviziato per una settimana a San Giovanni in Monte e infine fucilato proprio alla Certosa di Bologna il primo aprile.

Insieme a lui sono fucilati altri cinque compagni tra i quali Edera De Giovanni, la prima partigiana caduta nella Resistenza bolognese. La prima di 2.900 fucilate in tutta Italia e di altre 128 solo in questa provincia. Edera non aderisce a nessun partito, è una donna libera, una giovane lavoratrice che a 21 anni rifiuta la sottomissione. Indossa i pantaloni, fuma, beve, si azzuffa con chi a Monterenzio, dove abita, indossa la camicia nera. Partecipa attivamente alla lotta clandestina e al sabotaggio. Poi, come Diolaiti: la spiata, l’arresto, le torture, la morte, fucilata al muro del cimitero.

Queste sono tre storie tra le tante, perché quella la Resistenza vera, aliena dalle furbizie e dai giochetti politici, comincia con l’inizio degli anni Venti quando il sovversivismo popolare si arma contro il fascismo, continua con le attività dell’esilio, la propaganda, l’azione diretta per eliminare i Duce e i suoi emissari, si fa epopea e poi dramma con i fatti di Spagna del 1936-1939 e partecipa infine all’insurrezione e alla Liberazione nel 1943-1945. Quella degli anarchici è una Resistenza lunga vent’anni. Sappiamo che sconfitto un nemico, il fascismo, se ne è presentato un altro, sotto le vesti della cosiddetta Repubblica democratica, forse meno feroce, di sicuro più subdolo. Eppure la storia della Resistenza non si può cancellare: è storia di dignità, di libertà e di uguaglianza, di lotta contro l’ingiustizia, di uomini e di donne in carne e ossa che per hanno dato la propria vita per questi ideali. Oggi il nostro ricordo va a loro. Viva la Resistenza!

 

Con un ringraziamento particolare a Pino Cacucci, Brunella Della Casa, Tomaso Marabini e Marco Rossi autori di studi e ricerche da cui abbiamo largamente attinto.