Il circolo anarchico Camillo Berneri di Bologna
La storia del nostro circolo è un pezzo della storia del movimento anarchico a Bologna e nella sua provincia.
Il “cassero”, così si chiama la struttura muraria di Piazza di Porta Santo Stefano n. 1, che contiene il circolo, è stato affidato agli anarchici nell’ormai lontano 1972. Lo ha assegnato il quartiere Santo Stefano dando seguito ad una delibera comunale che recepiva una richiesta che da anni gli anarchici bolognesi peroravano per vedere applicato l’impegno che le forze della resistenza antifascista avevano preso, quello di risarcire i vari movimenti, sindacati e partiti del patrimonio confiscato o distrutto dalla dittatura fascista.
Così la storia del nostro movimento si riannoda con i locali della “vecchia” Camera del Lavoro di via Lame, autocostruita dalla Cooperativa Terraioli, che occupava il piano terra e dove avevano sede la Camera del Lavoro (al primo piano) e la sede degli anarchici (al secondo piano).
Questa struttura fu sgomberata e distrutta dalla squadracce fasciste. La Camera del Lavoro di via Lame era una della tante che diedero vita nel 1912 all’Unione Sindacale Italiana, costituendo quel vasto movimento sindacalista-rivoluzionario che caratterizzò l’azione del movimento operaio per un decennio e che fu sconfitta solo per mezzo di una brutale dittatura. Nella sede degli anarchici prese vita quell’Unione Anarchica Italiana che venne fondata proprio a Bologna nel 1920 e che fu uno dei principali motori del tentativo rivoluzionario conosciuto come “biennio rosso”. In quell’edificio lavorava con assiduità assieme a tante e tanti altri un uomo come Luigi Fabbri.
L’edificio di Porta Santo Stefano era uno dei tanti edifici comunali in disuso e abbandono. E gli anarchici bolognesi affrontarono ancora una volta un esperimento di autogestione e di autocostruzione. Per quasi un anno, sotto la guida attenta di Alfonso “Libero” Fantazzini, una cinquantina di compagne e compagni abbatterono muri, li ricostruirono, piazzarono putrelle, fecero i pianali di legno, sistemarono porte e finestre. L’inaugurazione “ufficiale” delle attività avvenne nell’estate del 1973 con un importante Convegno Nazionale dei Lavoratori Anarchici (11-15 agosto) cui parteciparono circa trecento delegati.
Da allora uno statuto, condiviso da diverse componenti del movimento anarchico, garantisce che il circolo anarchico Camillo Berneri di Bologna sia “… la sede del movimento anarchico internazionale …” nell’ottica di un patrimonio collettivo inalienabile e indivisibile. L’assemblea di gestione è momento di dibattito e di coordinamento dell’attività dei gruppi, collettivi ed individualità del movimento anarchico bolognese e ad essa spetta qualsiasi decisione presa a nome del circolo. A quello statuto, in questi decenni, si è sempre dato corso.
Il “cassero” si andava ad affiancare ad altri locali e gruppi già esistenti, sparsi per la città: il circolo Carlo Cafiero (via Paglietta 15), il gruppo Kronstadt con sede in Via de’ Chiari, il gruppo Autogestione, il gruppo Volin, a cui si aggiungevano le individualità e poi dal 1973/1974 diversi nuclei libertari nelle scuole (ad es. il Fermi), all’università, nelle fabbriche (ad es. alla Weber).
Presso questi locali aveva sede la Federazione Anarchica Bolognese aderente alla FAI ma vi svolgevano la loro attività anche tante compagne e compagni non federati, come quelli del gruppo Autogestione, alcuni collettivi studenteschi, il gruppo di Comunismo Libertario ecc. Fra il 1978 e il 1980 il “cassero” ha ospitato la redazione di “Umanità Nova”, il settimanale anarchico di lingua italiana fondato come quotidiano nel 1920 che oggi compie 92 anni. Contemporaneamente, grazie a una piccola offset, dal 1977 si stampava la “Questione Sociale” mensile anarchico dell’Emilia-Romagna; poi anche il “Cattivo Pensiero” una delle prime fanzine giovanili. Qui nel periodo 1977-1981 aveva sede anche la Aradio Ricerca Aperta, una delle tante radio libere bolognesi. Negli stessi locali nei primi anni ’80 si riunivano, suonavano e stampavano tra gli altri i Raf Punk e i Nabat, uno dei primi gruppi italiani di questa corrente artistico-sociale-esistenziale dell’anarchismo contemporaneo che è il punk.
Ma il “cassero” non era l’unico locale anarchico di Bologna. Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta operavano ancora il vecchio circolo Cafiero, il centro Onagro (in via Avesella 5/b), uno dei primi “caffè letterari” dove (più del caffè) il vino faceva da contorno alla libreria, il centro di documentazione il Picchio, in via Mascarella 24/b (dove oggi sta Modo Infoshop). Il Picchio era il punto bolognese della cooperativa di distribuzione Punti Rossi che diffondeva l’intera produzione del movimento rivoluzionario internazionale con una evidente preminenza per la produzione specificatamente anarchica, a testimonianza del carattere libertario di questo vasto movimento. Ma c’erano anche la tipografia del Falcone, dove si stampava, fra gli altri la rivista “Anarchismo”, la copisteria Manolito (di fianco al Picchio) che componeva “Umanità Nova” e tante altre pubblicazioni anarchiche e rivoluzionarie, e ancora il circolo la Talpa (in via dei Grifoni, poi divenuto Punkreas) sede-cantina della new wave bolognese, con i Gaz Nevada, i Wind Open e gli Skiantos.
A dispetto del riflusso e della repressione crescente il circolo Berneri rimane in piedi e continua a essere per tutti gli anni ottanta e novanta la sede assembleare di un movimento meno vasto ma altrettanto variegato. Non è più “l’assalto al cielo”, ma sono molte le iniziative sociali a cui il “cassero” apre le porte: dai comitati contro il nucleare civile e militare, a quelli contro la guerra (nel 1991 e 2001), dal telefono viola ai progetti di autocostruzione, dal sindacalismo di base – che nasce nel 1992 – ai collettivi femministi, dai gruppi studenteschi alle prime lotte dei migranti, dal teatro al cinema ecc.
Arriviamo così agli anni recenti. Nel 2001 le giornate di Genova segnano un nuova generazione, alcuni si spaventano di fronte all’ennesima dimostrazione della criminalità assassina del potere, altri si avvicinano all’anarchismo. Vecchi e giovani, seppur tra qualche inevitabile incomprensione, danno nuova linfa alle attività del circolo. Come sempre la sede rimane il luogo delle riunioni settimanali, di momenti di controinformazione e socialità (presentazione di libri, proiezioni, dibattiti, aperitivi) e ospita più volte assemblee cittadine di movimento. A metà degli anni duemila nascono il collettivo giovanile Magma, quello degli studenti medi Antigone e il giornale murale “Atemporale Anarchico”, mentre viene rimessa in funzione la serigrafia per stampare magliette e manifesti. Accanto all’iniziativa specifica anarchica continuano ad utilizzare gli spazi del circolo anche gruppi, associazioni, iniziative del movimento inteso in senso più allargato: dal Mutuo Soccorso per il Diritto di Espressione, un’associazione anti-repressione, all’Assemblea Permanente Antifascista prima e poi al Nodo Sociale Antifascista, al gruppo di produzione artistica Kunstbauten.
Il resto è storia d’oggi: collaboriamo da tempo con un’area sociale più ampia che vede tra gli altri spazi come la Casa del popolo di Ponticelli di Malalbergo, il centro sociale XM24, Atlantide, il VAG61, la scuola di musica popolare Ivan Illich e il circolo Iqbal Masih e tanti altri, con i quali abbiamo organizzato ad esempio le Giornate Anticlericali e il Festival delle Culture Antifasciste.
I compagni e le compagne partecipano ai vari comitati e alle situazioni di lotta cittadine, mentre il nostro disordinato archivio si accresce, segno delle attività che si succedono. La serigrafia stampa, le fotocopiatrici fanno un volantino dopo l’altro, una redazione dà vita a un foglio locale (“Nueter”), alcuni studenti universitari di storia hanno trovato nel circolo la sede per le riunioni del Caso S, spesso lo spazio apre per un’assemblea del movimento che sia contro la precarietà, la guerra, la repressione o il fascismo. Alcune-i compagne-i se ne vanno per studio o per lavoro, altri arrivano, magari anche solo per un breve periodo, mentre è ormai consolidato un nucleo di militanti: tutti decisi a metterci del proprio per l’anarchia! Almeno per altri quaranta anni.