Maria Zazzi: una donna “mite”, col cuore da guerrigliera

Maria Zazzi nasce a Coli in provincia di Piacenza nel 1904. In gioventù aiuta la propria famiglia nel lavoro dei campi. Nel 1923, dopo l’avvento del fascismo, raggiunge il fratello Luigi a Parigi e frequenta gli ambienti anarchici. Maria è una delle poche donne attive in quel contesto, ma si fa rispettare come militante grazie al carattere energico e alla forte personalità. Le autorità francesi arrestano più volte il suo compagno, l’anarchico bolognese Armando Malaguti, fino ad espellerlo all’inizio del 1927. La coppia si rifugia in Lussemburgo e poi in Belgio. A Bruxelles conosce militanti di spicco come Ida Mett, Buenaventura Durruti e Francisco Ascaso. Oltre a svolgere attività di propaganda, si occupa di tenere i collegamenti e di portare vitto e vestiti ai compagni incarcerati, presentandosi ai secondini come la zia del detenuto di turno. Si guadagna così il soprannome di “Tante Marie”.
È attiva nella campagna per la liberazione dei compagni in galera e nel 1927 a Liegi ha un ruolo di primo piano nell’agitazione per Sacco e Vanzetti, insieme tra gli altri ad Angelo Sbardellotto che nel 1932 tenterà di attentare al Duce e verrà per questo condannato a morte. Di notte attaccano manifesti con una sola grande scritta: “sciopero generale”. Contro il volere dei sindacati, lo sciopero è totale: il proletariato scende in strada per la libertà dei due anarchici. Maria porta in corteo la bandiera nera, mentre i compagni a forza di mattonate convincono l’unico negozio rimasto aperto a chiudere. Le lotte contro padroni e fascisti la trovano sempre pronta: insieme ai compagni impartisce una sonora lezione al loro datore di lavoro, un imprenditore edile, anzi un “porco” – come lo ricorderà anni più tardi, che per non pagare loro il salario di una settimana, il sabato si presentava armato di rivoltella.
Espulsi anche dal Belgio, Maria e Armando vanno in Olanda e ancora in Lussemburgo e a Parigi. Nell’agosto 1936 Armando si arruola nella colonna “Ascaso” per partecipare alla guerra di Spagna. Maria fa la spola tra Barcellona e Parigi per aiutare i repubblicani.
Nel 1940 l’occupazione nazista della Francia li sorprende a Parigi: Maria è arrestata dalla Gestapo e interrogata senza esito, mentre Armando è deportato in Germania, per essere poi consegnato alle autorità italiane che lo condannano al confino a Ventotene. Maria intraprende allora il viaggio per raggiungere il compagno, ma le viene negato il permesso di vederlo: i due decidono quindi di sposarsi e Maria riceve l’aiuto e i consigli di Sandro Pertini e Umberto Terracini per espletare i vari passaggi burocratici. Gli stessi saranno loro testimoni di nozze.
Solo dopo l’8 settembre 1943, con l’evasione di Malaguti dal campo di concentramento di Renicci d’Anghiari (Arezzo) – dove era stato tradotto dal governo Badoglio insieme agli altri anarchici confinati – i due possono partecipare attivamente alla Resistenza nel bolognese.
Dopo la morte di Armando nel 1955, Maria si accompagna con Alfonso “Libero” Fantazzini. La loro abitazione diventa un’importante punto di riferimento per tutti gli anarchici che frequentano o passano per Bologna. Con Libero e pochi altri compagni, tra i quali Gino Fabbri, nel 1968 prendono in affitto i locali di una cantina in via Paglietta che diventa sede del “Circolo C. Cafiero” e della Libreria Circolante. Nonostante l’aspetto fragile e l’età segnata dalle traversie, Maria mantiene un’energia contagiosa. Lei che non aveva avuto figli assume quasi un ruolo materno per i giovani militanti anarchici delle nuove generazioni, diventa tutrice di Horst, figlio di Fantazzini, il “rapinatore gentile” che dal 1968 è vittima di un interminabile accanimento carcerario.
Ha un rapporto particolare con le compagne giovani: i suoi consigli e la sua serenità danno forza e aiuto nei momenti difficili.  Nel 1969 è tra i promotori della campagna di controinformazione sulla strage di Stato a Milano. In occasione della notizia del tentativo  di golpe di Junio Borghese nel dicembre 1970 lei e Libero vengono allertati dai militanti dell’ANPI e riuniscono in casa loro gli anarchici per ogni evenienza. I due, insieme tra gli altri a  Gino Fabbri e Mario Barbani, promuovono anche la richiesta al Comune di Bologna di locali come risarcimento di quelli espropriati dal fascismo, ovvero la “vecchia Camera del Lavoro” di via Lame, già sede dell’USI e degli anarchici bolognesi: grazie anche al sostegno delle organizzazioni partigiane stipulano nel 1973 con l’ente locale il contratto per la disponibilità del Cassero di Porta S. Stefano che da allora diventa la sede del Circolo “C. Berneri”. Nel corso degli anni Settanta Maria si attiva a favore di Valpreda, è ancora una volta pronta a mettersi in gioco per la liberazione di Marini e appoggia la mobilitazione promossa da Alessandro Galli al fine di abolire l’obbligo per gli insegnanti di giurare fedeltà allo Stato, recandosi con altri anarchici a Roma per interessare della cosa il Presidente della Repubblica Pertini.
Muore il 5 gennaio 1993 a Bologna, dopo una lunga malattia e tutta una vita da anarchica.
In vita sua ha fatto cose importanti e pericolose senza mai darlo a vedere, una donna “mite” col cuore da guerrigliera.